Le nuove forme del retail a New York
In evidenza

Le nuove forme del retail a New York

Sergio Mannino, l'architetto visionario che propone la fusione di tradizione italiana e design moderno, racconta a Milano Home il suo concetto di retail

Sergio Mannino è un architetto e designer italiano che conosce a fondo le complessità del settore della vendita al dettaglio e del merchandising. Un vero visionario, che comprende appieno la storia di ogni marchio e sa integrarla perfettamente con le innovazioni contemporanee. La sua capacità di trasmettere queste narrazioni a livello visivo e nello spazio, infondendo al contempo le sue radici italiane nei suoi progetti, è notevole. Abbiamo parlato con Sergio Mannino, che a New York ha riscosso grande successo con i suoi negozi e concept store. Il suo ultimo progetto, A.Mano Brooklyn – è un'elegante fusione di postmodernismo italiano e minimalismo americano. Ci ha raccontato anche le sue percezioni riguardo al settore retail.

 

 

INTERVISTA DI AKGÜN AKDİL 

 

Può parlarci del processo a livello di progettazione del'A.Mano Brooklyn Store? 

 

Lo store è nato da un'idea di Katherine Wells, la cliente, che è una ceramista e lavorava presso BRKLN CLAY, un laboratorio e studio di ceramica proprio accanto al negozio. Lì Katherine vedeva molti artisti di talento lavorare duramente a pezzi bellissimi, ma serviva un posto dove vendere la loro arte. Così ha affittato uno spazio libero accanto allo studio e mi ha chiamato per realizzare il progetto. Abbiamo dedicato molto tempo a definire il significato di A.Mano Brooklyn: i suoi valori, obiettivi, mission e altro ancora. Il design e l'identità del negozio rappresentano questi valori; ogni materiale, colore e forma rappresenta o fa riferimento a un messaggio specifico che si vuole trasmettere. Abbiamo lavorato contemporaneamente agli interni e al branding, assicurandoci che ogni punto di contatto del marchio trasmettesse gli stessi messaggi e apparisse coerente.

 

 

Avete unito il postmoderno italiano e il minimalismo americano in A.Mano Brooklyn. Com'è stata la sua strategia per questa fusione? 

 

A.Mano Brooklyn è un marchio nuovo e, come abbiamo detto, abbiamo lavorato a stretto contatto con la cliente per sviluppare la sua vision. Tra tutti i diversi input che abbiamo ricevuto da lei, ci siamo resi conto che stava cercando di combinare uno "spirito funky" con qualcosa di più strutturato e razionale. Ad esempio, uno dei riferimenti che ci ha dato sono stati i film "Knives Out" e "I Tenenbaum" di Wes Anderson, ma ha indicato anche Carhart, Dior e una specifica BMW. Anche la funzionalità è emersa fortemente nel corso dei nostri incontri. Siamo così arrivati a un design altamente immaginifico, ma vincolato da un ambiente strettamente razionale.

 

Per interpretarlo, ho pensato che dovessimo combinare due opposti, un processo che trovo sempre affascinante, come mescolare due ingredienti che non dovrebbero appartenere allo stesso piatto. È così che è nata l'idea di fare riferimento a Donald Judd da una parte e a Memphis dall'altra. Queste scelte sono ovviamente strettamente legate al mio passato, alle mie passioni e ispirazioni.

 

 

Quali erano le vostre regole per la sostenibilità in A.Mano Brooklyn? 

 

Gli store producono enormi quantità di rifiuti perché la durata della loro vita è così limitata. Se uno store dura dieci anni, sei fortunato. La maggior parte dei posti chiude o cambia dopo solo un paio d'anni. Invece di pensare a materiali sostenibili che sarebbero comunque stati da buttare, ho pensato che potevamo provare a progettare un negozio come una costruzione di Lego.

 

Tutti gli elementi (o quasi) sono stati assemblati senza impiego di alcuna colla, solo con viti e collegamenti meccanici. Anche i mattoni di ceramica alla base di tutti gli espositori sono collegati meccanicamente senza uso di malta. Alla fine della vita del negozio, possono essere facilmente smontati e utilizzati per un altro progetto. Di recente ci siamo resi conto che questa strategia ha grande potenziale, perché abbiamo appena ridisegnato una parte dello store per trasformarlo in una caffetteria. Tutti gli elementi sono stati smontati e la maggior parte è stata riutilizzata nel nuovo design, limitando la quantità di nuovo materiale e gli sprechi al minimo indispensabile.

 

 

E il rapporto tra lo store A.Mano Brooklyn, i produttori e i designer? Lo store è il punto focale di questa relazione? È un modello di business di successo? 

 

Lo store funge da vetrina per la maestria artigianale dei produttori, ma vende anche una serie molto curata di libri d’arte e di design. Questa relazione simbiotica è la chiave del successo dello store, in quanto costruisce un'identità unica e attrae clienti che apprezzano la creatività.

 

 

Come descriverebbe il suo approccio al retail design? 

 

Narrazione: il mio approccio è incentrato sulla creazione di esperienze coinvolgenti che riflettano la storia del marchio. Ogni materiale o colore che scegliamo è lì per un motivo specifico. I colori e i materiali portano significati che sono in parte incorporati nel nostro DNA e in parte culturali, ovvero diversi in ogni popolazione o gruppo di persone. Tutti noi reagiamo all'azzurro cielo o al verde in modo simile a causa dei nostri antenati: una foresta verde era un luogo sicuro con riparo e cibo, e il blu è il colore della tranquillità e della serenità, senza temporali da cui cercare riparo. La sfida è combinarli per creare le storie che meglio rappresentano il marchio.

 

 

Quali sono secondo lei gli elementi indispensabili per un retail design di successo? 

 

È essenziale un messaggio chiaro. Senza questo messaggio non comunichi con i tuoi clienti e non puoi connetterti con loro.

 

 

A quanto vedo le piacciono i colori vivaci e le sfumature. Ha anche un account Instagram dal nome @notbeigeplease…

 

Il mondo che ci circonda non è nei toni del bianco, del grigio o del beige. I colori sono ovunque. Purtroppo, per qualche ragione, alla nascita del modernismo sono stati rimossi dagli ingredienti dell'architettura e del design. Ironia della sorte, potrebbe anche essere che le pubblicazioni erano in bianco e nero e i colori non venivano visualizzati. Le Corbusier usava molti colori, ma molti altri no. È anche possibile, e qui entro in un territorio inesplorato, che la colonizzazione europea possa aver avuto un ruolo nella soppressione dei colori vivaci nel design e nell'artigianato, con manufatti colorati provenienti da regioni colonizzate potenzialmente associati all'inferiorità e, di conseguenza, rifiutati dall'élite.

 

Ad ogni modo, io vengo dal Sud Italia, dal Mar Mediterraneo. I colori sono ovunque e il sole rende tutto vivace e vivo. Uso i colori per raccontare storie. Sono così potenti che non ti serve quasi nient'altro. Perché limitarsi al bianco e al beige? @notbeigeplease nasce da queste idee, ma vuole anche celebrare designer e architetti che si stanno assumendo un rischio. Negli anni '80 gli agenti immobiliari negli Stati Uniti consigliavano spesso ai loro clienti di dipingere i loro appartamenti di beige. L'idea era che il beige - come colore neutro -  poteva attirare un’ampia platea di potenziali acquirenti. Credo che ora sia stato sostituito dal bianco. Il beige è la scelta sicura, non solo come colore. Il beige rappresenta il conformismo; il colore è per chi è disposto a correre un rischio.

 

 

Quali colori e forme ritiene abbiano un impatto maggiore nel design di uno store? 

 

Non posso rispondere a questa domanda. Ogni colore e forma può essere d'impatto. Non esiste una ricetta specifica. Dipende dal messaggio.

 

 

Secondo lei, che aspetto ha un visual merchandising efficace che cattura l'attenzione del cliente? 

 

Come abbiamo discusso in precedenza, un visual merchandising efficace cattura l'attenzione del cliente raccontando una storia. Utilizza punti focali, display tematici e un’illuminazione strategica per evidenziare i prodotti e guidare i clienti attraverso il negozio. Dovrebbe essere dinamico e regolarmente aggiornato per mantenere l'esperienza fresca.

 

 

Cosa si aspetta la nuova generazione di consumatori dagli store fisici? 

 

Vedono lo store come un'estensione della presenza online del marchio. Probabilmente era l'opposto per la vecchia generazione, o i due erano considerati in modo distinto. I giovani richiedono una customer experience fluida ed efficiente (da non confondere con gli spazi instagrammabili o gli effetti speciali), il che significa che vogliono passare da Instagram al sito web del marchio, al loro feed di Twitter o a un acquisto fisico nel modo più efficiente.

 

Faccio un piccolo esempio: se vai da Starbucks negli Stati Uniti e ordini il tuo caffè, ti chiedono il tuo nome in modo da poterlo scrivere sulla tazza; spesso devi fare lo spelling perché le persone che vivono qui provengono da tutto il mondo; poi finalmente paghi con una carta di credito o con il tuo telefono e aspetti che il caffè sia pronto. Perché non possono invertire il processo? Se pago con la mia carta di credito, il mio nome è già lì; non devi chiedermi di fare lo spelling. Un adesivo può uscire dal registro in un secondo. Queste sono le cose che i più giovani trovano frustranti e possiamo passare ore a descriverle tutte.

 

 

Quali sono le tendenze attuali nel settore della vendita al dettaglio e del visual merchandising? Come valuta queste tendenze? 

 

Karl Lagerfeld una volta disse: "Essere di moda è l'ultima fase prima di essere pacchiani". Non penso che dovremmo guardare alle tendenze. Quando ne implementi una, è già superata. Ho perso il conto del numero di volte in cui mi è stato chiesto di incorporare lampadari tradizionali o pareti di fiori nei negozi. Invece, penso che sia importante guardare a dove ci troviamo in questo specifico momento storico come cultura e umanità. Se lavoriamo partendo da questo, non possiamo sbagliare.

 

 

Come riesce a bilanciare l'aspetto estetico con la funzionalità nei suoi progetti di retail design? 

 

Non mi piace molto la parola funzionalità perché crea una distinzione tra bellezza e praticità. La bellezza è una funzione. Probabilmente la più importante. Nella cultura occidentale, la bellezza è staccata dal mondo, il che significa che la bellezza si trova nell'arte o in un bel paesaggio. Un dipinto dovrebbe essere bello, ma una sedia deve essere comoda (con un posto per la tua tazza di caffè). Nella cultura giapponese e, in certa misura, in quella italiana, la bellezza si trova nella vita quotidiana o nell'"arte di vivere".

 

Abbracciare l'idea che la vita richieda bellezza in ogni azione, anche in quelle più comuni, abbatte l'idea che funzione e bellezza siano separate. La cerimonia del tè è bella non solo perché la stanza è ben progettata, ma perché ogni gesto è bello. Incorporare la bellezza in ogni oggetto, gesto, idea, interno e architettura è un modo di mostrare amore per la vita stessa e per l'umanità.

 

 

Potrebbe condividere alcune informazioni sui suoi progetti di branding e su come si integrano con i suoi progetti di retail design? 

 

Ci assicuriamo che ogni touchpoint, dalla vetrina alla grafica, rifletta l'identità e i valori del brand. Questo approccio olistico aiuta a creare un'esperienza del marchio memorabile e senza soluzione di continuità. Vuoi che i tuoi clienti passino da un sito web a una pagina Instagram o al tuo negozio, riconoscano il tuo marchio e sappiano immediatamente di cosa si tratta senza dover descrivere nulla. Se riesci a raggiungere questo obiettivo, il resto verrà da sé.

 

 

Può fare un esempio di un progetto di retail design che ha incrementato significativamente il coinvolgimento dei clienti e le vendite di un marchio? 

 

Medly Pharmacy è stato un progetto di retail design che ha aumentato in modo significativo il riconoscimento del marchio. È stato ampiamente pubblicato ed era molto diverso da qualsiasi altra farmacia a quel tempo. Sfortunatamente, il marchio è cresciuto troppo rapidamente e non è sopravvissuto alla flessione delle farmacie indipendenti durante il Covid.

 

 

Ha creato una splendida collezione di tappeti dal titolo "Secret Gardens". Potrebbe raccontarci alcuni dettagli su questa collezione?

 

Quando ho disegnato la collezione Secret Gardens, ho immaginato un mondo nascosto dietro le mura, lontano dalla vita frenetica di una metropoli urbana. I giardini segreti hanno una lunga storia nella cultura italiana, che risale al Rinascimento quando divennero popolari o, in Sicilia, alla dominazione araba 500 o 600 anni prima. Questi giardini sono concepiti come oasi nascoste, splendidamente progettate, spesso con fontane d'acqua e splendidi elementi architettonici.

 

Per questa collezione ho immaginato giardini che trascendono la nostra realtà ordinaria, come mondi metafisici in cui le leggi della fisica non si applicano e i colori non sono quelli che ci si potrebbe aspettare. Questi santuari sono pensati per essere vissuti lasciandoti andare e lasciando vagare la mente nel regno dell'immaginazione. Basta non limitarli alle stanze dei bambini; sono stati progettati per gli adulti.